Per le sue condizioni topografiche, climatiche e agricole, la Svizzera presenta principalmente ecosistemi di aree prative. Da secoli, l’allevamento di bestiame e il relativo pascolo contribuiscono a mantenere e modellare il paesaggio e a nutrire la popolazione.

L'impronta ecologica dell’allevamento di bestiame va esaminata nel suo complesso. Bisogna considerare non solo le emissioni di CO2 causate dagli animali, ma anche il ruolo e la funzione dei prati e dei pascoli come serbatoi di carbonio.

 

Le emissioni di gas serra causate dall’agricoltura

Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), a livello globale «agricoltura, silvicoltura e altri usi del suolo» (AFAT) causano il 23% delle emissioni di gas serra. La CO2 viene rilasciata dal disboscamento e dalla meccanizzazione, il CH4 dagli allevamenti e in parte dalle risaie, l’N2O dai concimi e dallo spargimento sui campi. È difficile stabilire la percentuale causata dal solo allevamento di bestiame. È sicuramente responsabile della maggior parte del metano rilasciato, della sovrapproduzione di letame da cortile e del disboscamento delle foreste (ad es. in Brasile).

In Svizzera, la principale fonte di gas serra è il settore dei trasporti (32%), seguito dagli edifici (24%), dall’industria (24%), dall’agricoltura e silvicoltura (14%) e dai rifiuti e gas sintetici (5%).
La produzione animale nel suo complesso è responsabile dell’85% circa dei gas serra del settore agricolo svizzero (Bretscher et al. 2018). L’agricoltura produce la maggior parte delle emissioni di metano (CH4) e protossido di azoto (N2O) in Svizzera.

I ruminanti (bovini, pecore, capre, ecc.) rilasciano metano nell’atmosfera quando ruminano. Il loro rumine è dotato di microrganismi che aiutano la digestione. Nello scomporre la cellulosa vegetale, questi microrganismi producono metano, che gli animali emettono nell’aria. Come la CO2, anche il metano è un gas serra che assorbe parte delle radiazioni presenti nell’atmosfera, facendo salire il termometro. Tuttavia, è molto più forte della CO2. In 100 anni, assorbe quasi 30 volte più radiazioni della CO2. D’altro canto, la sua permanenza nell’atmosfera è di soli 10 anni circa – a differenza della CO2, che vi rimane per circa 100 anni. Questa proprietà del metano è un elemento di vantaggio nella lotta contro il surriscaldamento globale. Anche se la CO2 è e rimane di gran lunga il problema prevalente, ridurre le emissioni di metano può avere un effetto positivo sul surriscaldamento nel breve termine. Gli agricoltori e le agricoltrici della Svizzera stanno, pertanto, mettendo a punto diverse misure per ridurre le emissioni di metano dei loro animali.

 

I terreni trattengono carbonio

A livello globale, i terreni trattengono una quantità di carbonio 2 – 3 volte superiore a quella dell’atmosfera. Inoltre, i terreni che contengono molto carbonio, e quindi materia organica, sono più fertili. I nuovi metodi che promuovono lo stoccaggio del carbonio nel suolo sono quindi cruciali per ridurre le emissioni complessive di gas serra e per adattare i terreni alle nuove condizioni climatiche.

Poiché anche il tipo di produzione influisce direttamente sul ciclo del carbonio, anche in questo ambito, si stanno sperimentando e implementando vari metodi, come la coltivazione senza aratura.

Le piante si nutrono della CO2 presente nell’atmosfera, dell’acqua e dei sali minerali presenti nel terreno. Tramite fotosintesi, con l’aiuto della clorofilla queste molecole semplici vengono convertite in sostanze organiche da cui gli erbivori ricavano energia.

Diversi progetti di ricerca europei (NitroEurope, AnimalChange) dimostrano che le aree prative adibite a pascolo trattengono carbonio, potendo quindi compensare parte dell’equivalente di carbonio delle emissioni di metano dei ruminanti. Tuttavia, i dati di queste ricerche vanno considerati con cautela, poiché gli studi si basano su svariati metodi e quindi giungono a risultati diversi.

In generale, comunque, si può affermare che le aree prative hanno prestazioni migliori in termini di cattura rispetto ai terreni coltivati. Questi ultimi hanno una biomassa e una varietà microbiologica inferiori rispetto ai suoli di prati e boschi. Trattengono meno carbonio, sono 20 volte più soggetti all’erosione, filtrano meno acqua e offrono condizioni meno favorevoli alla ricarica delle falde acquifere.

Foraggio ed emissioni di gas serra

L’impronta di carbonio netta (emissioni lorde di gas serra meno lo stoccaggio del carbonio) di un’azienda lattiero-casearia basata sui prati è meno dannosa per il clima rispetto a quella di un’azienda lattiero-casearia che somministra molto mais.

Nel valutare l’impatto dell’allevamento di bestiame sul clima, oltre alle emissioni di gas serra bisogna tenere conto anche dell’assorbimento di questi gas. Contribuendo allo stoccaggio del carbonio (fotosintesi e respirazione), le aree prative rappresentano una vera e propria leva per mitigare il surriscaldamento globale. È necessario inserire questo effetto nel bilancio dell’impronta di carbonio netta della produzione dei ruminanti.

Il bilancio di CO2 per la produzione di latte varia a seconda del sistema di produzione e della percentuale di prati nelle aree di allevamento: con la produzione a base di erba, si può compensare quasi il 49% delle emissioni. Se invece si somministra molto mais, solo l’8% delle emissioni può essere compensato.

Attualmente non esistono dati scientifici per la Svizzera riguardanti l’impronta di carbonio netta del latte. Alcuni esempi si basano unicamente sulle emissioni lorde. Si può comunque ritenere che, in Svizzera, le aziende che somministrano un’elevata percentuale di erba possano raggiungere un’impronta di carbonio netta migliore rispetto alla maggior parte delle aziende all’estero.

Progetti pilota

Informazioni dettagliate sull’agricoltura e sul cambiamento climatico sono disponibili sul sito web della centrale di consulenza agricola AGRIDEA.

Di particolare interesse sono quattro progetti pilota che si stanno per concludere:

  • Foraggio: riduzione della percentuale di foraggio concentrato e aumento della percentuale di erba e di foraggio prodotto in azienda.
  • Coltivazione delle superfici agricole: migliore sfruttamento dell’erba, introduzione delle leguminose nella rotazione colturale, miglioramento dell’autonomia proteica, piantumazione di siepi e/o aumento della percentuale di prati temporanei o permanenti per aumentare lo stoccaggio di CO2.
  • Gestione delle mandrie: gestione delle scorte, riduzione della percentuale di latte non commercializzato, numero di lattazioni.
  • Gestione aziendale: riduzione del consumo di energia elettrica e/o di carburante, gestione del letame da cortile (limitazione delle perdite di azoto sia durante lo stoccaggio che durante lo spargimento).